Tipologie Videogames: Azione

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cecevswade
view post Posted on 8/9/2009, 15:23     +1   -1




In un mercato della “globalizzazione videoludica”, dove le categorie si amalgamano in concentrati di generi misti, parlare degli Action Game ha un gusto spiccatamente particolare. Cosa intendiamo per giochi “d’azione”? O meglio, cosa si intende per “azione” nel campo interattivo? A pensarci in maniera superficiale si entrerebbe in un confusionario e contraddittorio mondo. Difatti se sulla carta campeggia una definizione che tende a sottolineare l’utilizzo di competenze pratiche piuttosto che intellettive, d’altronde ci resta il dubbio per l’essenza stessa del concetto. In fondo, anche in un platform c’è azione, con l’omino di turno che salta e si dimena per prendere mele o monete, ma anche in un GDR con i personaggi mobili a menare fendenti o altro. Oppure vi siete mai chiesti perché un Uncharted è definito un rappresentante di questa categoria, quando magari un titolo simile con una visuale in prima persona si becca l’appellativo di sparatutto? Tutto questo sempre se intendiamo il termine come opposto alla staticità. Allora tutto è action, tutto è in costante movimento per favorire la nostra immedesimazione con ciò che si muove sullo schermo. Ma pensando in tal maniera non si giunge a nessuna conclusione concreta, ci disperderemmo solo in vaghe disquisizioni filosofeggianti. Invece per prodotti di azione, intendiamo strettamente quelli che prediligono coinvolgerci in maniera serrata con forti sequenze ad alto tasso adrenalinico, dove c’è poco spazio per pensare e tanto per agire, accompagnati da un climax ascendente di accadimenti frizzanti e quasi schizofrenici.

Parte I: elementi innovativi e consolidati. Ciak…Azione!
Asseriamo fin da subito che gli Action posso sorridere. Al giorno d’oggi, con la (semi)morte delle Avventure grafiche, con la quasi scomparsa dei platform nudi e crudi e con un forte senso di gemellaggio al fratello film, si sta sempre di più abbandonando la componente riflessiva a favore delle meno impegnativa baraonda in compagnia. Sempre più spesso difatti, appaiono sulle mensole dei negozi produzioni senza arte né parte, ree di pubblicare un concetto fin troppo semplicistico di questo genere. E’ come se l’attuale generazione di fruitori si annoiasse di un divertimento applicato, preferendo la ben più agevole strada della giocata “Casual(e)” che richiede a stento di memorizzare due o tre tasti. Tuttavia non è stato sempre così’. La categoria ha passato annate d’oro con innovazioni che hanno a volte radicalmente donato nuova linfa. Tra queste vanno almeno annoverate in primis il Bullet Time in stile Max Payne che altera la dimensione temporale, per offrire un effetto “alla Matrix” capace di rallentare le azioni di gioco. Una volta presa coscienza della sua effettiva utilità, gli sviluppatori l’hanno inserita neanche fosse prezzemolo in svariati lavori, spesso costretti più da una logica di vendita che da un effettivo valore aggiunto del gameplay. Dall’alterazione del tempo passiamo a quella dello spazio con l’introduzione di una componente fondamentale come quella del Free Roaming che ha letteralmente alterato la classica ottica lineare e rassicurante delle passate esperienze. Così che l’Action espande i propri tentacoli in delle vere e proprie riproduzioni di intere città e località, persino mondi che permettono un pieno libero arbitrio al giocatore. Non si è costretti a seguire gli ordini di un'entità superiore che ci destina verso azioni compiute in un dato tempo e luogo. Nei titoli più importanti, se si ha voglia, si può liberamente non fare nulla, passando le ore a rendere videoludico l’ozio per il semplice gusto di farlo. La terza evoluzione che riportiamo invece dirotta il coinvolgimento verso una minore interrelazione con chi impugna il pad, puntando tutto sull’effetto scenico da blasone hollywoodiano. Stiamo parlando dei Quick Time Event (QTE), una serie di bottoni da premere con il giusto tempismo per dare il via a sequenze precalcolate. Questo elemento invece di ampliare e di evolvere il genere, lo indirizza verso un linguaggio filmico che divide pubblico e critica.

Parte II: titoli di riferimento. Ciak…Azione!
Se veramente volessimo cimentarci a parlare di solo una minima percentuale di titoli d’azione, non basterebbe l’intera pagina. Tuttavia, rifacendoci a quanto scritto qui sopra, nella tripartizione attuata possiamo riscontrare alcuni tra i tanti esponenti che hanno affollato le vetrine. Nel primo caso, oltre al sempre verde signor Payne, fu un Principe Persiano a giocare in maniera ancora più sostanziale con il tempo, usando delle sabbie speciali in grado di ritornare a qualche istante prima di un determinato evento. Oppure come non menzionare l’ingiustamente poco noto Viewtiful Joe , basato interamente sulla capacità di manipolare il continuum spazio-temporale per i suoi fini combattivi. Decisamente più vasto è il campo dei “Free Roaming” games, anche a causa della coniugazione nel sandbox che ha un po’ confuso alcune idee. Senza possibilità di smentita annoveriamo tra i capisaldi massimi della categoria Grand Theft Auto non solo come portabandiera ma anche uno dei pochi casi dove si è riuscito ad amalgamare quasi alla perfezione la volontà individuale del giocatore alle “linee guida” di riferimento. Al giorno d’oggi il free roaming ha assunto tantissime varianti proiettandosi nell’immediato futuro come uno delle colonne portanti degli Action. Ultimo citato ma non ultimo di importanza è il QTE, implementato prima ancora che il fenomeno assumesse risonanza, da un certo Shenmue. Poi questa novità fu inglobata negli anni successivi da capolavori del calibro di Resident Evil 4 e God of War senza mutare eccessivamente. Tuttavia spesso questa tecnica, per quanto estremamente cinematografica, pecca interattività limitando eccessivamente le capacità del fruitore che si ritrova da giocatore attivo a mero spettatore passivo di quanto accade oltre la tv.

 
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