Speciale: FPS

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darinho93
view post Posted on 12/6/2009, 13:33     +1   -1




Si parla tanto di nuova generazione, di diffusione capillare delle potenzialità della rete, di Digital Delivery e di sequel più o meno riusciti.
In realtà andando aldilà dei meri riscontri fruibili dalla massa, ci sono verità di fondo che attraversano l’intero settore videoludico. Una di queste è il predominio di un genere sugli altri, in termini di quantità di offerta e di scelte di sviluppo. Spesso queste prevaricazioni non coincidono con le generazioni delle console ed indicano semplicemente una tendenza di mercato che trova il suo miglior alleato nei gusti del pubblico.
Ecco dunque che un tempo si prediligeva saltare, interagire con il personaggio e farlo muovere per il solo piacere di farlo, stando attento a piattaforme messe in ordine sparso su schermo. Poi, una che l’hardware ha reso possibile creare personaggi sempre più verosimili e dai tratti umani, si è passato a voler picchiare duro i nemici che avanzavano su schermo. Passano gli anni, si affermano altri generi, la cultura ludica si espande ed arriviamo ai giorni nostri, dove la parte del leone la fa una particolare categoria di giochi riuniti sotto l’etichetta un po’ fuorviante degli “Sparatutto”. Ma prima facciamo un passo indietro...

Spara e non ci pensare
Il (simpatico) termine italiano deriva da “dalla combinazione di due diciture inglesi: shoot‘em up letteralmente “spara a tutti” e First Person Shooter letteralmente “(gioco in cui) si spara in prima persona” (Fonte Wikipedia).
Il primo esponente storicamente accertato di questo genere, si chiama SpaceWar!, un prodotto risalente addirittura al 1961, sviluppato in poco più di una settimana da un gruppo di studenti del MIT (Massachusetts Institute of Technology). Per qualcosa di più noto dovremmo aspettare sedici anni, con l’uscita di quella colonna portante chiamata Space Wars volutamente ispirato al titolo di cui sopra. Da quel momento in poi, si sono riempite le bocche di parolone arcaiche, prime definizioni di un genere straripante. Si è parlato di sparatutto a scorrimento (il noto “scrolling”) con telecamera “dall’alto”, su rotaia (basti pensare a Time Crisis) addirittura sparatutto verticali ed orizzontali, fino ad arrivare ai ben più celebri FPS che hanno trovato in Doom la loro massima consacrazione. Se le prime due accezioni sono ormai archiviate e conservate caldamente nel cuore di ogni attempato nostalgico, l’ultima ritorna in pompa magna dopo un passato prossimo non proprio illuminante.
Prendete ad esempio la PlayStation 2: se escludiamo i classici blasoni di guerra, rimane poco o nulla. Va ricordata al massimo la saga di TimeSplitters che, con una forte dosa di ironia e carisma, brillava per il coraggio di proporre qualcosa che non ci portasse per forza tra trincee nemiche.
Ben altro discorso per la passata console Microsoft, alfiere di tipologie di gioco snobbate dai giocatori “consolari”, ma profeta di un presente solidissimo. Probabilmente l’iniziale scetticismo era legato al raffronto obbligato con il PC, che, con il binomio mouse-tastiera, offriva al videogiocatore la migliore modalità di approccio possibile. Con il trascorrere degli anni, tuttavia, si è superata questa limitante fruizione ed ormai il fenomeno degli FPS ha oltrepassato i margini della normale diffusione per imporsi in maniera più che significativa non solo sul mercato, ma anche nei gusti dell’utenza. Il suo straripante successo potrebbe essere spiegato con numerosi elementi che ora andremo brevemente ad illustrare, in maniera da offrire numerosi spunti di discussione.

Grilletto facile
Tra la valanga di motivazioni pertinenti si è scelto di focalizzare l’attenzione su questi punti:

-Semi-morte dell’eroe
Negli sparatutto tradizionali esistono icone di massimo rilievo, come Master Chief (Halo) e Gordon Freeman (Half-Life). Eppure, tranne rari casi come questi o, in misura maggiore altri, il personaggio principale che si va a guidare è del tutto marginale rispetto al contesto intorno. O meglio, si preferisce non trattare in maniera approfondita la sua persona, soprattutto se lo paragoniamo a generi come il GDR, dove lo spessore dei protagonisti è fondamentale nella valutazione del gioco stesso.
Alcuni nemmeno proferiscono parola, lasciando un po’ l’amaro in bocca a tutte le persone che si aspettano caratterizzazioni da Oscar. Questa scelta è ovviamente volontaria. Il segreto sta nella volontà di immergere il giocatore nei panni del personaggio che impersona, creando un ponte virtuale tra lui e le vicende su schermo.

-Amore per la tecnica roboante
Nell’ultima generazione vale tantissimo il grado di coinvolgimento di stampo cinematografico che si riesce a trasmettere. Oramai il divario tra pellicola e videogame si sta costantemente assottigliand, e questo ha favorito in maniera evidente gli sparatutto che, proiettandoci nei panni di un personaggio virtuale, trasmettono in maniera nitida questo genere di sensazioni. Insomma, mentre il cinema si sta gettando nel campo della terza dimensione catapultandoci all’interno dei film, agli FPS riesce quasi naturale. E questo è uno dei maggiori pregi riscontrabili.

Simulazione realtà
Nei giochi in “terza persona” c’è un maggior controllo del protagonista, potendo osservare non solo i suoi movimenti, ma anche ciò che lo circonda e, talvolta, le sue spalle. Quindi siamo ottimi spettatori di ciò che sta accadendo e l’unico legame possibile con il nostro eroe è quello di empatia tra i suoi atteggiamenti e i nostri o quelli che vorremmo ritrovare in una persona. Negli FPS invece si assume la visuale della vita di tutti i giorni, cioè quella dal “di dentro” del nostro corpo. Ciò porta da una parte ad una maggiore dimestichezza con i movimenti ma, dall’altra, ad una minore “onniscienza” su tutto quello che sta intorno a noi. In altre parole, si è più “umani” e questo non fa altro che appassionarci in maniera significativa.

Genere specialistico
Spesso si è parlato di un quasi annullamento dei classici generi videoludici. Insomma sono sempre più rare le categorie per i giochi, tanto che spesso e volentieri risulta complesso rilegarli sotto una etichetta. Gli Action stanno imparando ad assemblare elementi di potenziamento dei GDR, mentre le migliori Avventure sembra che abbiano la necessità di dover vivere in immensi spazi virtuali. Gli FPS invece, seppur assumendo modifiche tali da discostarsi dalla sua essenza (vedi Fallout o Metroid), a grandi linee sono sempre coerenti con sé stessi. Per esempio The Chronicles of Riddick, seppur presentando una impostazione fortemente stealth, ripercorre elementi classici da FPS. Discorso più particolareggiato per Mirror’s Edge, dove l’Action si fonde con una visuale in prima persona. Ma questo gioco di fatti la punta più radicale dei titoli di Azione, centrandoci ben poco con gli sparatutto.

Commento Finale
Gli sparatutto sono indubbiamente il genere prediletto dell’attuale generazione videoludica. Il loro modo di intendere l’approccio ludico sta affascinando anche i più scettici, grazie ad una quantità sempre maggiore di titoli degni di nota che stanno affollando gli scaffali. Non sappiamo in prospettiva futura quanto questo fenomeno possa durare, ma siamo certi che non avrà vita breve. Ovviamente tutto dipende dal riscontro con il pubblico e le sue modifiche di scelte personali; perché, come ogni cosa, è sempre l’elemento economico che fa pendere l’ago della bilancia verso il successo o il fallimento di una tendenza.

Fonte
Spaziogame
 
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